L’ipotesi di progetto per un centro logistico al servizio della base militare americana di Camp Darby, per le sue implicazioni politiche e per la sua ipotizzata localizzazione nell’area dell’interporto di Guasticce, è questione che riguarda tutti i soggetti istituzionali dell’area vasta costiera.

Il pronunciamento delle istituzioni locali e della Regione Toscana, ribadito chiaramente nel programma elettorale del Presidente Martini, che definisce inequivocabilmente la volontà di un progressivo superamento della presenza della base militare USA e di una sua riconversione ad usi civili o comunque pacifici deve essere ribadito con forza in questa circostanza. Sulla base di tale orientamento va analizzato il progetto del centro logistico.

La previsione di ampliamento delle attività della base americana rappresenterebbe, in questi termini, un’evidente contraddizione rispetto all’orientamento di una sua generale riconversione.

Il perseguimento di una vera cultura della pace passa anche attraverso scelte di governo del territorio che vadano nella direzione di favorire la cooperazione, il dialogo, le iniziative di riconciliazione tra i popoli, lo stesso sviluppo economico orientato a questi valori e non alla creazione di infrastrutture ed attività a fini bellici. In sostanza, con atti concreti e con scelte che costruiscano “azioni di pace”.

Nello specifico, per quanto riguarda Camp Darby, sono maturi i tempi per affrontare il tema della sua riconversione ad usi civili, perdendo le sue caratteristiche esclusivamente militari e assumendo invece un ruolo importante nelle attività di cooperazione, nell’organizzazione degli aiuti umanitari, nelle azioni rivolte a garantire la pace. Questo non significa, come qualcuno strumentalmente sostiene, mettere in discussione le alleanze, bensì ripensare il modo in cui esse vengono concepite ed affidare loro un nuovo ruolo in un mondo che è notevolmente cambiato nel corso degli ultimi 50 anni.

Lo stesso argomento del “rischio terrorismo internazionale” non trova risposta nella presenza di simili istallazioni. Un simile rischio deve essere affrontato rafforzando le relazioni politiche, costruendo un sistema di intelligence e di polizia che metta in condivisione informazioni e risorse, che superi i limiti di giurisdizione, che affianchi le politiche di integrazione, di dialogo e di scambio culturale e religioso. L’esatto contrario, insomma, di una politica rigidamente militare.

Rispetto al tema dello sviluppo della logistica e dell’espansione delle attività connesse al porto di Livorno, l’impegno degli enti territoriali e della Regione è stato sancito ulteriormente nell’accordo sottoscritto qualche settimana fa. La piattaforma logistica costiera rappresenta il progetto su cui costruire un tassello fondamentale della capacità competitiva del sistema economico della regione. La dotazione infrastrutturale dell’area, aeroporto, porto, rete stradale e ferroviaria e l’impegno delle istituzioni, ne costituiscono i presupposti e la garanzia. Francamente non vediamo la necessità di rischiose scorciatoie.

Giacomo Sanavio

Pisa, 17 agosto 2005